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Motivazioni
…”Restate in fila, fate tutti la
fila!”…
Sotto
l’aspetto artistico, ci
siamo accostati a Gao Xingjian, in particolare a Fermata d’autobus, per
il
gioco di un nuovo teatro dell’assurdo, così cinese e allo stesso tempo
così
universale, che l’autore mette in atto.
Ma
non è l’unico motivo.
Leggere
questo testo fa
riflettere sulla denuncia di un sistema che spinge progressivamente
verso la
marginalità intere fasce di popolazione, pressoché inermi, ovvero di un
modus
operandi che ritroviamo troppo spesso anche nella nostra esperienza
occidentale
e a troppe “fermate d’autobus”, indipendentemente da chi sovraintende
la
“compagnia dei trasporti”.
…”Se
è così che ti comporti,
l’autobus non si fermerà mai”…
Otto
personaggi si trovano a una fermata di periferia e
aspettano l’autobus che dovrebbe portarli in città. L’attesa, infinita
e non
risolta, condiziona con effetti tra tragico e comico la loro vita, in
una atmosfera
a tratti surreale che ricorda, anche nel destino dei personaggi,
“Aspettando
Godot”.
“Il teatro oggi deve assolutamente preservare la sua essenza
e cioè l’azione”.
Questa visione di Gao Xjingian del teatro rende l’azione di
un gruppo di persone che vogliono partire, ma non ci riescono, la parte
essenziale dello spettacolo.
L’uomo
silenzioso, il vecchio, la signorina, il ragazzo, il giovane con gli
occhiali,
la madre, l’artigiano e il funzionario: sei uomini e due
donne rappresentano uno spaccato della società
urbana cinese dei primi anni ’80. Ciascuno spinto da un motivo diverso
per
recarsi dalla periferia alla città, gli otto personaggi entrano in
relazione in
una situazione di frustrante attesa.
La
compagnia
dei trasporti, che incarna il sistema tentacolare di cui sono vittime,
gioca
loro un brutto scherzo: gli autobus non passano e se passano non si
fermano,
nemmeno quando sono tanti e passano in tutte le direzioni. Scorre anche
il
tempo sulla scena, l’orologio del giovane con gli occhiali indica che
sono
trascorsi dieci anni, forse con riferimento alla durata della
rivoluzione
culturale cinese.
Anche
le
condizioni atmosferiche sono inclementi con questi miseri personaggi,
costretti
da pioggia e vento sferzanti a condividere uno spazio sempre più
ristretto.
Solo
l’uomo
silenzioso, dopo l’inutile passaggio del terzo autobus, lascia il
gruppo e si
avvia, solo e a piedi, verso la città. Egli viene comunque evocato da
ricorrenti temi musicali: dapprima un leit-motiv doloroso, quasi
lancinante,
poi via via la musica si trasforma facendo presagire, per lui, un
destino
migliore di quello riservato agli altri. La figura dell’uomo silenzioso
e
questo suo modo di scegliere, esposto con un linguaggio non parlato, ma
sottile
ed etereo, come solo la narrativa cinese sa tradurre, sembra una
citazione
autobiografica dello stesso autore.
Ma
quale sarà la sorte finale di questa piccola rappresentanza di popolo?
Gao
Xingjiang nasce nel 1940 a Ganzhou, in Cina. E’ un
artista totale, ma anche un sottile critico della società in cui vive,
che
sapientemente sa trasferire nell’azione della penna. Forse a causa di
ciò, per
il tramite di una denuncia, Xingjiang viene deportato in un campo di
rieducazione per cinque anni (1970-’75).
Nel 1981 diviene drammaturgo del Teatro dell’Arte Popolare
di Pechino, ma nel 1983 le reazioni alla rappresentazione di “Fermata
d’autobus”, inducono l’autore ad allontanarsi per la prima volta da
Pechino; il
suo viaggio di 15.000 chilometri ispira il romanzo “La Montagna
nell’anima” che
nel 2000 gli aggiudica il Premio Nobel.
Nel 1987
si trasferisce a Parigi e da allora non
rientra più in Cina. Nel 1989, infatti, la pubblicazione della sua
pièce
teatrale “La fuga”, ispirata ai fatti di Tienanmen, provoca la messa al
bando
in Cina di tutte le sue opere e il suo esilio volontario.
Caratteristiche dello spettacolo
Claire
Conceison, che nel 2001 mette in scena “Fermata
d’autobus”, con e per gli allievi del corso di letteratura cinese
presso
l’Università del Michigan, scrive che le commedie di Gao Xingjian, che
per la
maggior parte delle volte vedono l’autore stesso nei panni del regista,
rappresentano una sfida scoraggiante per i frequentatori - lettori,
attori,
registi e critici - del teatro sperimentale post-moderno, ma lasciano a
lungo
negli spettatori e negli attori la sensazione di aver partecipato a
un’esperienza intensa.
Scritto
nel 1983 e quasi immediatamente vietato in Cina, il
testo è un esempio ancora poco conosciuto in Italia, della drammaturgia
di Gao
Xingjian.
Una
drammaturgia che introduce elementi innovativi nella
forma, nel linguaggio e nei temi trattati, consentendo all’autore di
rivedere
la tradizione alla luce delle problematiche della società cinese
post-maoista.
Ne
scaturisce un teatro dell’assurdo – “L’assurdo si
nasconde nella realtà… Nella vita, l’assurdo e la realtà si
compenetrano” - che
per certi versi lo avvicina ad autori del teatro occidentale, di cui ha
subìto
l’influenza, seppure con le debite differenze.
“Trovo
normale che ci sia chi faccia paragoni tra Fermata
d’autobus e Aspettando Godot. A me è piaciuto molto questo testo di
Beckett,
che vede nell’attesa la tragedia dell’umanità. Ma per me l’attesa è
innanzitutto una commedia” (Gao Xjingian, In forma di Parole, 2000, Il
Pomerio).
Benché
il contesto originale dell’opera sia quello urbano
cinese dei primi anni ’80 - nel 1981 infatti
Gao è drammaturgo del Teatro dell’Arte Popolare di Pechino – il taglio
dell’opera è umanistico più che culturale e quanto mai universale.
Le
passioni, di cui i personaggi sono prigionieri, si riflettono
in tutta la loro assurdità
solo nello sguardo altrui. Ciò li rende a tratti ridicoli e a tratti
pietosi.
Il
lavoro proposto prevede una versione puramente in forma
di commedia ed una che si colloca in un contesto di ricerca
sperimentale,
iniziata da Artemedia qualche anno fa con lo spettacolo “Molto rumore
per
nulla”, sul connubio tra la danza e il teatro. In questo caso le
coreografie
sono utilizzate talvolta come effetto scenico (la pioggia, il vento,
l’illuminazione
del palco), talvolta come elemento protagonista (il/i bus che non si
fermano
mai; questo è l’unico effetto non specificato dall’autore nelle note di
regia
del testo).
Durante
la preparazione dello spettacolo, nel verificare
l’immediata disponibilità e sensibilità di scena del corpo di ballo, ci
si è
resi conto che il testo può risultare particolarmente stimolante anche
a un
pubblico di giovani spettatori, quali gruppi di studenti o scolaresche
a
partire dal livello medio/superiore, come esperienza di un percorso di
avvicinamento alla letteratura e/o alla drammaturgia cinese
contemporanea, alle
novità che questo teatro dell’assurdo propone o, ancora, ai Diritti
Umani
Universali, se si affronta il testo in relazione alla biografia
dell’autore.
L’allestimento
prevede una scenografia minimale (una
panchina, una palina, una tela cerata, una scala, due ventagli), non
richiede
quinte, bensì uno spazio minimo di scena di metri 5 x 7 ed è studiato
per
ridurre al minimo costi, tempi di preparazione e necessità tecniche.
Sono
sufficienti 1-2 ore per la preparazione della scena.